PINEROLO. Ci sono imprese sportive che entrano nella storia,
altre direttamente nella leggenda. Non può essere altrimenti per la
diciassettesima tappa del trentaduesimo Giro d’Italia. Quello che si disputò
nel 1949, quello che venne vinto da Fausto Coppi.
10 giugno 1949. Si parte da Cuneo e si arriva a Pinerolo. È
sufficiente dire questo, non aggiungere altro. Tutti gli appassionati di
ciclismo, ma non solo, sanno che quel giorno registrò la più grande impresa di
Fausto Coppi, il Campionissimo.
La Cuneo Pinerolo è stata celebrata da sempre nel corso
degli anni. dagli sportivi, dai tifosi, dai media.
Ora può aggiungere un altro alloro. Due anni fa il
quotidiano sportivo La Gazzetta dello Sport lanciò un sondaggio tra i lettori
per eleggere la più bella tappa al Giro di sempre. Fu scelta la Cuneo Pinerolo
del 1949.
Sotto Natale, si sa, le classifiche e i sondaggi funzionano
sempre. Ecco allora ritornare la domanda. Ma a rispondere questa volta sono
stati cento tra i più autorevoli giornalisti della stampa sportiva nazionale ed
internazionale.
Il risultato? Sempre lo stesso. Nella “corsa rosa” nessuna
giornata di ciclismo è stata epica ed eroica come quella del 10 giugno del
1949.
Si partiva da Cuneo. Il Giro era quasi in dirittura
d’arrivo. A Milano mancavano solo tre giorni. Gino Bartali poteva sfoggiare la
sua maglia rosa con orgoglio e tranquillità. Fausto Coppi però era in agguato.
La giornata di gara si presentava terribile, con il colle della Maddalena, il
Vars, l’Izoard e il Monginevro in successione, prima della picchiata su
Pinerolo.
Coppi scatta sulle rampe della Maddalena. Una pazzia, al
traguardo mancano oltre duecento chilometri. Ma il Campionissimo rischia tutto.
È una furia, accumula secondi, minuti, chilometri. Quando radio Rai apre il
collegamento il radiocronista apre con una frase che resterà negli annali: “C’è
un uomo solo al comando, il suo nome è Fausto Coppi”.
Arriverà a Pinerolo con 11 minuti su Bartali, oltre venti su
Alfredo Martini. Gli altri saranno a Pinerolo quando Coppi ormai ha già
terminato le interviste con la stampa.
Esaltando la tappa e facendola entrare di diritto, se mai ce
ne fosse stato ancora il bisogno, nella storia del ciclismo, il giornalista
della Gazzetta dello Sport Marco Pastonesi ha raccolto testimonianze e aneddoti
inediti. Come quello del giornalista dell’Equipe Pierre Chany, che era al
seguito della corsa. Chany, con la moto, seguì la prima parte della fuga di
Coppi. Giunto a Barcellonette si fermò ed entrò in un ristorante per pranzare.
Quando uscì, di fronte a lui, lungo la strada, passava il sesto ciclista.
Malabrocca e Carollo, due gregari, arrivarono a Pinerolo con ore di ritardo
quando ormai era quasi notte, scoppiati, come molti altri, visto il ritmo
imposto da Coppi.
Lo stesso Coppi la sera si scusò con i suoi compagni per la
tremenda giornata imposta al gruppo. Tutti, tranne Coppi, ne pagarono le
conseguenze anche il giorno dopo. Tanto che a Milano il Campionissimo arrivò in
rosa con 23 minuti su Bartali e 38 sul terzo in classifica, Giordano Cottur.
Cuneo-Pinerolo. 254 chilometri di strada polverosa e dura,
migliaia di tifosi, due nomi: Bartali e Coppi. Quel giorno si scrisse la
leggenda. Chi era presente sui tornanti dell’Izoard o vide Coppi alzare le
braccia al cielo sul traguardo di corso Torino a Pinerolo già lo aveva capito.
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