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giovedì 13 giugno 2013

Saluzzo, negato il campo ai migranti. La replica della Caritas



SALUZZO. Non si placano le polemiche in seguito alla decisione di sgombero dei migranti africani dal Foro Boario. Caritas e associazioni umanitarie hanno chiesto l'allestimento di un campo di emergenza nei pressi dello stadio Damiano, ma la Prefettura ha negato il suo allestimento.
Secca la replica di Caritas, associazione Papa Giovanni XXIII e associazione gruppo Emmaus sulla questione dei lavoratori africani. 
Ecco il testo del documento.

"Noi sottoscritti, rappresentanti della Caritas Diocesana di Saluzzo, dell’ Associazione Papa Giovanni XXIII e dell’ Associazione Emmaus, preso atto che il Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha respinto la nostra richiesta di allestire un “campo di accoglienza” provvisorio per i circa 150 braccianti dell’area subsahariana presenti attualmente nel territorio del Comune di Saluzzo, intendiamo portare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica le seguenti considerazioni. 

Siamo consapevoli che l’afflusso di un così gran numero di persone alla ricerca di occupazione stagionale, ma prive di idonea sistemazione alloggiativa, costituisce un problema rilevante per la comunità saluzzese, sotto molteplici punti di vista.

Diamo atto all’Amministrazione del Comune di Saluzzo e a quella di alcuni Comuni limitrofi, al Prefetto di Cuneo, ai Comandi locali e territoriali di tutte le Forze dell’ordine di aver seguito con impegno e continuità il fenomeno, con attenzione ai suoi risvolti umanitari e in spirito di costruttiva collaborazione con le associazioni di volontariato del territorio.

Proprio per questo siamo preoccupati per la risposta negativa alla nostra richiesta, che ci sembra non corrispondere all’urgenza e alla gravità di una situazione che, se non affrontata tempestivamente, potrebbe determinare conseguenze molto negative sul piano umanitario e sociale.

Poiché i braccianti che si raccolgono a Saluzzo sono privi di qualsiasi risorsa economica e raggiungono il nostro territorio spinti non da una propensione naturale al nomadismo o al parassitismo sociale, ma dall’aspettativa di una sia pur minima remunerazione, indispensabile per il mantenimento loro e delle loro famiglie, risulta assai difficile indurli, anche con provvedimenti coattivi, a rinunciare alle loro speranze.

Spingerli a farlo privandoli anche del semplice telo con cui si riparano dalle intemperie e dei cartoni che costituiscono il loro misero giaciglio, può forse rientrare nelle competenze dell’Autorità civile, ma le privazioni a cui sottostanno quelle persone non possono non toccarci, come responsabili di Organizzazioni che vivono del messaggio evangelico della Carità, allo stesso modo di come ci toccano le sofferenze e le privazioni degli abitanti del nostro territorio che ogni giorno aiutiamo nei limiti delle nostre possibilità.

Per questo avevamo chiesto di poter gestire direttamente un “campo” di accoglienza, senza pretendere alcun impegno dalle Istituzioni pubbliche, né sul piano economico né su quello gestionale, nella prospettiva di favorire una presa di coscienza, da parte dei lavoratori stagionali, della precarietà della situazione occupazionale, che rende impossibile garantire il lavoro ad una platea così grande di soggetti.

In definitiva, mentre ora si aspetta di portare il problema all’attenzione delle “Autorità Centrali”, 150 persone stanno vivendo sulla strada, senza un riparo, senza acqua, senza servizi, in condizioni che certo nessuno di noi si augurerebbe per i propri figli, mentre col nostro contributo sarebbe stato possibile trovare una soluzione “umanitaria”, anche se transitoria.

Chiediamo a chi lo può di rivedere questa posizione di rifiuto: non sarebbe certo un segno di debolezza, perché solo chi è “forte” non ha paura di mettersi in discussione, soprattutto quando è in gioco il destino di chi è debole davvero.

Da parte dei nostri enti, la cui finalità è l’accoglienza della persona, cercheremo di fare il possibile perché questi nostri fratelli africani abbiano il minimo di dignità in questo momento delicato".

Caritas Diocesana di Saluzzo, il direttore don Giuseppe Dalmasso

Associazione Papa Giovanni XXIII, il responsabile generale Giovanni Ramonda

Associazione Gruppo Emmaus Cuneo, il responsabile Franco Monnicchi

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