Fa più rumore la caduta di un ramo in centro Saluzzo che non quella di un grosso albero a Via dei Romani.
Albino Rolando, agricoltore di regione Paracollo, a Via dei Romani, guarda preoccupato e anche un po’ sconsolato la sponda destra del fiume Po.
Qui, ai margini della pianura saluzzese, dove sta per ricevere le acque del rio Torto, è ancora poco più che un torrente.
Scorre in basso, almeno quattro metri sotto il piano dei campi. Cinquant’anni fa non era così, ma decenni di sfruttamento delle cave ne hanno abbassato l’alveo.
In questo periodo le acque sono tranquille, appena ingrossate dalle piogge dei giorni scorsi. Di tanto in tanto si sentono piccoli pezzi terra staccarsi dalla riva e cadere in acqua.
Spiega Rolando, indicando una striscia di terra poco più a valle: «Quelle due giornate di terreno sono della mia azienda agricola. Il Po se le sta mangiando, come già sta facendo con questo terreno, poco a monte. Da alcuni anni sta erodendo questo tratto di sponda e, giorno dopo giorno, si porta via il mio terreno e quello dei nostri vicini».
Rolando, come gli altri agricoltori di Via dei Romani che vivono nella zona, ha già sollecitato più volte un intervento del Parco del Po e dell’Aipo, l’autorità che gestisce i fiumi. Inutilmente. Tutti gli appelli sono finiti nel vuoto. «Qui è tutta sabbia e ghiaia – spiega Rolando – alla prossima piena questo campo sparirà. Nulla potrà rallentare il processo di erosione del fiume».
Il suo è l’ultimo terreno prima della confluenza tra rio Torto e il Po. Sulla riva non ci sono più alberi, il Po li ha portati via mesi fa.
Ancora l’agricoltore: «Basterebbe prolungare di qualche centinaio di metri il comparto già esistente poco più a monte. Ma per farlo dicono che serve un progetto d’asta, completo. Una cosa impensabile di questi tempi. Poco più a vale sta succedendo la stessa cosa. Il fiume sta iniziando a scavare la terra poco a monte di una scogliera. Se l’acqua si infila alle sue spalle tutto il lavoro compiuto a difesa dei campi in quell’area è compromesso. E a quel punto la piena potrebbe arrivare a minacciare anche alcune cascine della zona».
A poche decine di metri di distanza c’è il rio Torto. Alcuni anni fa, in seguito a un’esondazione, ha cambiato corso, spostandosi dal lato sinistro dell’alveo a quello destro, andando a cozzare contro la fragile sponda sabbiosa. Per rimetterlo “in carreggiata” basterebbe un piccolo intervento per spostare parte del ghiaione accumulato sul lato sinistro. «Anche in questo caso – spiegano gli agricoltori del posto - però ci troviamo a combattere, più che con la natura, con la burocrazia. Vincoli del parco del Po, magistrato delle acque e chi più ne ha più ne metta, impediscono ogni intervento. Purtroppo il parco del Po in questi anni ci ha portato solo vincoli, ma nessun vantaggio. Ed è un peccato, perchè oggi se c’è qualcuno che può operare in difesa dell’ambiente e nella salvaguardia della campagna, è proprio l’agricoltore».
Qui, ai margini della pianura saluzzese, dove sta per ricevere le acque del rio Torto, è ancora poco più che un torrente.
Scorre in basso, almeno quattro metri sotto il piano dei campi. Cinquant’anni fa non era così, ma decenni di sfruttamento delle cave ne hanno abbassato l’alveo.
In questo periodo le acque sono tranquille, appena ingrossate dalle piogge dei giorni scorsi. Di tanto in tanto si sentono piccoli pezzi terra staccarsi dalla riva e cadere in acqua.
Spiega Rolando, indicando una striscia di terra poco più a valle: «Quelle due giornate di terreno sono della mia azienda agricola. Il Po se le sta mangiando, come già sta facendo con questo terreno, poco a monte. Da alcuni anni sta erodendo questo tratto di sponda e, giorno dopo giorno, si porta via il mio terreno e quello dei nostri vicini».
Rolando, come gli altri agricoltori di Via dei Romani che vivono nella zona, ha già sollecitato più volte un intervento del Parco del Po e dell’Aipo, l’autorità che gestisce i fiumi. Inutilmente. Tutti gli appelli sono finiti nel vuoto. «Qui è tutta sabbia e ghiaia – spiega Rolando – alla prossima piena questo campo sparirà. Nulla potrà rallentare il processo di erosione del fiume».
Il suo è l’ultimo terreno prima della confluenza tra rio Torto e il Po. Sulla riva non ci sono più alberi, il Po li ha portati via mesi fa.
Ancora l’agricoltore: «Basterebbe prolungare di qualche centinaio di metri il comparto già esistente poco più a monte. Ma per farlo dicono che serve un progetto d’asta, completo. Una cosa impensabile di questi tempi. Poco più a vale sta succedendo la stessa cosa. Il fiume sta iniziando a scavare la terra poco a monte di una scogliera. Se l’acqua si infila alle sue spalle tutto il lavoro compiuto a difesa dei campi in quell’area è compromesso. E a quel punto la piena potrebbe arrivare a minacciare anche alcune cascine della zona».
A poche decine di metri di distanza c’è il rio Torto. Alcuni anni fa, in seguito a un’esondazione, ha cambiato corso, spostandosi dal lato sinistro dell’alveo a quello destro, andando a cozzare contro la fragile sponda sabbiosa. Per rimetterlo “in carreggiata” basterebbe un piccolo intervento per spostare parte del ghiaione accumulato sul lato sinistro. «Anche in questo caso – spiegano gli agricoltori del posto - però ci troviamo a combattere, più che con la natura, con la burocrazia. Vincoli del parco del Po, magistrato delle acque e chi più ne ha più ne metta, impediscono ogni intervento. Purtroppo il parco del Po in questi anni ci ha portato solo vincoli, ma nessun vantaggio. Ed è un peccato, perchè oggi se c’è qualcuno che può operare in difesa dell’ambiente e nella salvaguardia della campagna, è proprio l’agricoltore».
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